I concetti che sono alle basi della correzione del colore arrivano da molto lontano. Alcuni aspetti empirici della percezione visiva erano noti anche centocinquanta anni fa. Quello che, nel tempo, è radicalmente cambiato è l’approccio delle figure professionali alle discipline tecniche. Duecento anni fa un pittore doveva essere art director, tecnico, creativo, dominare la luce ed essere responsabile del risultato. Doveva innanzitutto avere gusto. Oggi?

Helmholtz, a great scientist, once wrote, “A study of the paintings of the great masters…is of great importance to physiological optics.” Now it is known that a study of perception and physiological optics is great importance indeed to art. Both the objective scientist and the subjective painter would do well to make friends.”

Faber Birren, Creative Color / 1961

Oggi, per stare dietro alla potenza e la diversificazione dei mezzi che noi stessi abbiamo creato, siamo stati costretti a separarci, dividendoci i compiti. Il risultato, il cambiamento, che mi interessa osservare non è tanto quello qualitativo. Ma quello formativo, insomma non mi interessa il risultato, ma come ci arriviamo. Il pittore di una volta, che aveva sviluppato un gusto che era essenziale per la propria professione sapeva di non poter ignorare il lato tecnico. Se avesse incontrato o scoperto un concetto come il contrasto simultaneo lo avrebbe studiato, ed inserito nel suo arsenale, in quello che noi oggi chiamiamo workflow o flusso di lavoro.

“The phenomenon of colored shadows and the more general phenomenon of simultaneous contrast lead to the famous generalization first stated by Chevraul (in 1839 ndDDS). As translated in 1854, he wrote: “All the phenomena I have observed seem to me to depend upon a very simple law, with, taken in its most general signification, may be expressed in these terms: In the case where the eye sees at the same time two contiguous colors, they will appear as dissimilar as possible, both in their optical composition and in the eight of their tone.”

Ralph M. Evans, The Perception of Color / 1974

Il mio problema è: perché ho scoperto il contrasto simultaneo a trentuno anni con Dan Margulis?

Un esempio antico di contrasto simultaneo e colori opponenti: oro e lapislazzuli – Maschera funeraria di Tutankhamun, 1323 Avanti Cristo

Accanto a me ho cinque libri, rispettivamente del 1879, 1961, 1963, 1974, 1990, 2005 e tutti riportano la voce contrasto simultaneo nei loro rispettivi indici.

Citammo precedentemente la enigmatica instabilità dei colori, la più incisiva dimostrazione del fatto che una stessa parte entro due interi diversi non è la stessa cosa. Il medesimo colore in due contesti differenti non è il medesimo colore. Così John Ruskin ammonisce i pittori: “Ogni colore, mentre lavorate, viene alterato per efetto di ogni tocco aggiunto in altri punti del quadro; cosi ché ciò che era caldo un minuto prima diventa freddo una volta che voi avete aggiunto un colore più caldo in un altro punto, e ciò che era armonico diventa discordante man mano che mettete gli altri colori accanto ad esso.”

Il contrasto cromatico é stato molto studiato. Una dimostrazione del fenomeno la diede Josef Albers in Interaction of Color. Più trascurato è il controeffetto, cioè l’”eguagliamento”; benché l’antagonismo dei due meccanismi percettivi renda inevitabile che l’uno non sia preso in costernazione senza l’altro. Poiché i pattern percettivi tendono verso la più precisa organizzazione possibile, una configurazione di colori si indirizzerà o verso il contrasto o verso l’eguagliamento, a seconda che l’uno o l’altra sia più vicino alla data informazione stimolante. Si può anche applicare i concetti di “accentuazione” e “livellamento”, di cui ci siamo serviti per descrivere la modificazione delle forme.

L’eguagliamento é strettamente legato alla combinazione additiva dei colori. Quando le tinte confinanti sono abbastanza simili o quando le are: che le contengono sono abbastanza piccole, i colori si avvicinano invece di accentuate il contrasto. Jameson e Hurvich hanno proposto, per spiegare almeno alcuni aspetti del fenomeno, una teoria psicologica: i recettori microscopici della rètina non agiscono singolarmente ma come costituenti di campi recettivi, ciascuno dei quali combina l’azione di numerosi recettori e fa capo come una unità a una singola cellula gangliare. All’interno di ogni campo, i recettori reagiscono antagonisticamente: nell’area centrale la risposta all’intensità e al colore della luce è positiva, nei recettori circostanti è negativa. Quando sono relativamente piccoli, questi campi di recettori discriminano nettamente tra aree stimolanti di dimensioni discretamente grandi e ne sottolineano il contrasto.

Quando le aree stimolanti sono piccole, ad esempio quando formano un pattern di punti a grana fine, come quello trasmesso all’occhio da un dipinto divisionista, non c’e scomposizione e il risultato é un’autentica mescolanza additiva. Ma quando la unità sono alquanto più grandi, può risultare l’eguagliamento (talvolta definito l’effetto di diffusione di Bezold) dovuto al fatto che i campi di recettori hanno dimensioni variabili: alcuni sono grandi oltre sei volte gli altri. Di conseguenza, i campi più ristretti sono abbastanza discriminanti per segnalare la differenza tra aree di colre diverso, mentre i più vasti possono abbracciare le diverse aree e così ridurre per interazione additiva le loro differenze cromatiche.

Ma non è possibile qualificare rapporti che intercorrono tra le varie gradazioni di colore senza tener conto della loro saturazione e chiarezza. È stato dimostrato sperimentalmente che la capacità di distinguersi di un colore dipende più dalla sua chiarezza che dalla sua tonalità. Susanne Liebmann scoprì per esempio che quando una figura rossa viene posta su un fondo verde che sia esattamente della stessa chiarezza i margini della figura diventano fluidi, morbidi, colloidali. Il rapporto figura-sfondo scompare, gli oggetti assumono una parvenza incorporea e si ha una certa difficoltà a stabilire le differenze di distanza; inoltre la forma tende a dissolversi, le punte delle stelle tendono a scomparire, i triangoli sembrano arrotondarsi, file di puntini perdono il loro carattere assumendo l'aspetto di un tratto continuo. Non sorprende quindi che i pittori usino rinforzare la differenziazione delle diverse tonalità cromatiche mediante differenziazioni di chiarezza. E quando affidiamo il compito di creare una distinzione tra settori vicini alla sola tonalità essi ricorrono per lo più a ciò che abbiamo chiamato “cozzo” o repulsione reciproca. Per esempio, possiamo mettere un fondo verde-azzurro accanto alla zona blu rossastra di chiarezza e saturazione pressappoco identiche. Questa sembrerebbe essere una conferma del parere secondo cui il cozzo sarebbe il più efficace sistema per ottenere una distinzione tra le diverse tonalità.

Arte e percezione visiva, Rudolf Arnheim, 1954

Ed ora chiediamoci, questo è uno dei due o tre fenomeni di percezione visiva più comuni, conosciuti da secoli. Ha un effetto su tutti. I fotografi, i grafici, i web designer si curano di questo effetto quando creano? E’ proprio la divisione dei compiti che ci rema, fortemente, contro. Forse ci sono dei fotografi che studiano il sistema visivo. Ma i web designer? E perché, contrariamente a quello che sosteneva Birren, non c’è scambio di competenze tra questi professionisti?